Diffamazione, una riforma a garanzia della libertà di stampa

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog), riunito nella seduta del 29 marzo 2023, invita il legislatore ad adeguare la normativa nazionale in materia di diffamazione a mezzo stampa in linea con quanto sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 150 del 2021 e dai numerosi pronunciamenti emessi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) secondo la quale la previsione del carcere non è compatibile con l’art. 10 della Convenzione europea, così come non lo sono sanzioni pecuniarie troppo elevate, in quanto costituiscono una ingiustificata limitazione alla libertà di stampa. La non più rinviabile riforma del reato di diffamazione deve dunque stabilire pene pecuniarie proporzionate e non elevate per non costituire un deterrente all’attività giornalistica, già soggetta a pesanti richieste di risarcimento danni.

Il Cnog ritiene che la riforma della normativa sulla diffamazione debba affrontare e risolvere anche le seguenti criticità, al fine di tutelare l’attività giornalistica e dunque il diritto dei cittadini ad essere informati, nel doveroso rispetto della dignità delle persone:

– in recepimento della giurisprudenza Cedu è auspicabile la previsione di un dolo specifico come requisito affinché si concretizzi il reato di diffamazione;

– l’avvenuta pubblicazione della rettifica, nei termini di legge, deve costituire un motivo di non punibilità del reato contestato a giornalista e direttore. Al giornalista deve essere garantita l’eventuale possibilità di replica. L’avvenuta rettifica deve avere effetti anche sulla riduzione della quantificazione dell’eventuale risarcimento del danno;

– gli attuali criteri per l’individuazione della competenza territoriale (luogo di prima stampa e in subordine luogo di residenza dell’indagato) non vanno modificati: individuare la competenza territoriale nel luogo di residenza della persona che si sente diffamata, oltre a creare numerosi problemi applicativi (immaginiamo la querela di più persone, residenti in luoghi diversi, in relazione allo stesso articolo) obbligherebbe giornalisti e aziende editoriali a trasformarsi in globetrotter per potersi difendere.

– è necessario indicare un limite al risarcimento del danno non patrimoniale qualora il giudice proceda alla quantificazione in via equitativa;

– va introdotto un termine di prescrizione breve per l’esercizio dell’azione civile finalizzata al risarcimento dei danni alla reputazione: l’attuale possibilità di avviare una causa civile entro i 5 anni successivi alla pubblicazione di un articolo (in alcuni casi addirittura 10) rende infatti difficoltosa, se non impossibile, la difesa dei giornalisti;

– si propone la creazione di un “giurì d’onore” in seno all’Ordine nazionale, composto da giornalisti con determinati requisiti, con funzioni di intervento rapido (equiparabili ad una mediazione obbligatoria) per i casi di urgenza, fermo restando le competenze dei Consigli di disciplina;

– non è più rinviabile l’adozione di una norma per contrastare il fenomeno delle cosiddette querele temerarie (o “querele bavaglio”) e delle sempre più frequenti richieste milionarie di risarcimento danni, presentate con evidente finalità intimidatoria: è necessaria la previsione di una adeguata pena pecuniaria a carico di chi presenti querele prive di fondamento;

– va pienamente garantita a tutti i giornalisti, anche ai pubblicisti la tutela del segreto professionale.